E come la via nostra e il duro fello distin ci trasse, uscimmo una matina sopra la bella spiaggia ove un castello siede sul mar della possente Alcina Lodovico Ariosto Analizzando la toponomastica di boschi, campi e borre, ci si accorge che diversi nomi della zona richiamano la letteratura cavalleresca del XIV, XV e XVI secolo. Nel versante di Rotari incontriamo un “Pian di Galasso “, una “borra di Morgante” e una “borra di Ippolito” mentre nel versante di Tagliole troviamo questo borgo di case chiamato Fatalcina, il nome di una fata che, diversamente dai testi in cui viene nominata, viene qui riconosciuta come fata benefica. Può sembrare strano che un gruppo sparuto di briganti o un popolo di boscaioli avesse tempo e capacità di leggere le gesta di cavalieri e fate; in realtà, questa abitudine sembra confermata e tramandata nel tempo e, ancora oggi, i meno giovani hanno memoria delle serate in cui si assisteva alla lettura collegiale di capolavori cavallereschi, come, per esempio, le gesta del Guerrin Meschino, di Andrea da Barberino. Questo borgo di case, reso affascinante dal nome della fata, si trova lungo la strada che da Tagliole porta al Lago Santo; oramai pressochè disabitato durante il periodo invernale, era invece abitato negli anni’40 da diverse famiglie di Serafini, distinti in Bidon, Biaŝìn, Morri e Pigon. Un tempo erano presenti e funzionanti anche tre mulini, che garantivano la macinazione del grano e delle castagne per l’intero paese. All’inizio del casolare un importante crocifisso ha sostituito uno in ferro battuto che il proprietario del terreno aveva voluto sistemare in ricordo di una sua caduta da un albero che si era risolta senza brutte conseguenze. In prossimità della borgata, una via carrozzabile, stretta ma panoramica, mette in comunicazione il paese con le frazioni della valle delle Rotari che si trovano sull’altro versante, antistante il paese di Tagliole.
La Fatalcina era in punto di partenza delo skylift che venne installato a Tagliole negli anni 70. Prima di avere l'impianto gli abitanti si arragniavano costruendo rudimentali mezzi di trasporto (un motore che faceva girare una lunga corda d'acciaio alla quale ci si agganciava con una pinza venne utilizzato al parcheggio del lago santo). In assenza di qualsiasi altro impianto o mezzo di trasporto c'era una sola alternativa, le gambe.
Il progetto, in collaborazione con l'ente PARCHI DELL'EMILIA CENTRALE si estende sul territorio attraverso tabelle tematiche dislocate nei casolari o lungo i sentieri che collegano le varie borgate
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