È una delle borgate più lontane dal centro del paese ed è collegata alla via principale da una strada carrozzabile che arriva da Pian dei Remi, mentre un vecchio sentiero, ancora percorribile, la collega alla Fatalcina. Il suo nome deriva dal cognome delle famiglie che, per prime vi si insediarono, probabilmente boscaioli provenienti dalla vicina Toscana. Le cronache del tempo riportano dell’esistenza di un Mordini già nel XVII secolo, sfortunatamente deceduto in uno dei tanti scontri tra Lucchesi e Modenesi, una testimonianza che ci porta a supporre che questo casolare sia stato uno dei primi della Valle delle Tagliole ad essere stato costruito. A seguito della crescita demografica, altre famiglie si insediarono nella borgata: fra queste ricordiamo i Serafini, detti Prenĉhia, e i Carani. Oggi questa borgata è un’importante meta turistica per i molti viandanti che si soffermano ad ammirare il secolare olmo montano, il più vecchio d’Italia, che con la sua maestosità, sovrasta la graziosa cappella, dedicata alla Madonna di Montenero. Nel casolare sono sicuramente da vedere le due tipiche fontane scolpite nel sasso (troghi) e la formella murata nella casa di fronte alla chiesetta che riporta la data del 1666. Dal centro della borgata parte un sentiero che conduce ad una piccola fonte denominata “Fonte dell’Amore” o “Fonte dell’Eterna Giovinezza” che ancor oggi disseta i viandanti ma nelle cui acque freschissime, un tempo, i ragazzi immergevano le labbra con la speranza di vedere realizzati i loro desideri di “Amore Eterno” o di “Giovinezza Infinita”.
Ricordi di Casa Mordini. Sono nata a Casa Mordini nel 1948 e sono vissuta stabilmente in questo casolare fino a 14 anni, successivamente mi sono dovuta trasferire in collegio a Modena per motivi di studio. I miei ricordi sono legati in particolare a quegli anni. Quando ero molto piccola, spesso mi sedevo sul gradino di casa e osservavo attentamente il mondo circostante e pensavo che tutto fosse racchiuso in questa vallata circondata dai monti. I grandi mi avevano spiegato che la terra era rotonda quindi doveva essere proprio quella che vedevo e devo dire che mi piaceva tantissimo. In quegli anni vivevano stabilmente a Casa Mordini cinque famiglie: quella di Augusto, Alfonso e Gilda Mordini, poi quella di mio zio Giuseppe Carani e la mia con papà Ettore e mamma Lina. Allora non c’era ancora la strada carrozzabile e si raggiungeva il paese percorrendo il sentiero oggi chiamato “Antiche Orme”. Successivamente, l’unico mezzo di trasporto lo possedeva Augusto, uno scooter Moto Guzzi Galletto che gli permetteva di frequentare regolarmente le sedute del consiglio comunale a Pievepelago dov’era stato eletto consigliere. Possedeva anche una radio, quindi tutte le notizie importanti venivano diffuse a voce in tutto il casolare e spesso i vicini si radunavano nella sua casa per commentarle. Esisteva il telefono senza fili: quando Augusto e Alfonso dovevano comunicare urgentemente con Emilio, loro fratello, che abitava a Casa Gallo (Rotari), lo chiamavano a voce alta e lui o i suoi famigliari rispondevano sempre e contemporaneamente; nonostante la distanza potevano vedersi perché allora c’era pochissima vegetazione. Avevamo anche le previsioni del tempo in diretta, molto attendibili: mio zio Beppe, infatti, usciva di casa e, osservando la provenienza delle correnti d’aria e dei venti, riusciva ad aggiornarci sulle condizioni metereologiche future. Noi di Casa Mordini, a differenza di altri casolari, siamo stati per parecchi anni senza acqua potabile perché non eravamo ancora collegati all’acquedotto di Tagliole. Regolarmente andavamo alla Fontanina denominata ora “Fontana dell’Amore” per procurarci l’acqua potabile e poi alla fontana in sasso che si trova anche attualmente nella piazzetta comune (allora però non era potabile). Ovviamente non esisteva ancora la lavatrice, tutti andavano al “trogo” (lavatoio) anche in inverno; con dispiacere ricordo ancora le mani della mamma piene di “setole” (ferite) dovute al freddo pungente. A Casa Mordini, in quegli anni, c’era un bellissimo forno comune a legna; le massaie, a turno, cuocevano il pane che durava una settimana, poi aggiungevano biscotti e torte, e quella di patate era la mia preferita.
INVERNO Durante l’inverno tutti spalavano la neve, allora ne veniva tantissima e si spalava a mano non solo per andare a Tagliole ma, in parte, anche lungo la strada di Pievepelago; circa a metà percorso gli uomini di Tagliole incontravano quelli di Pieve, poi, alla fine della stagione invernale, tutti ricevevano un minimo di retribuzione. Sempre in inverno, ci si radunava in un’ abitazione (spesso era la mia perché il papà aveva problemi di salute) e, davanti al camino, si gustavano mele, pere e castagne bollite all’istante. Si conversava, si ricordavano avvenimenti trascorsi, ci si aiutava a vicenda a impagliare sedie, si facevano “cavagni “e “cavagnade” in salice che si utilizzavano poi per i raccolti (erba, frutta ortaggi, ecc). Gli uomini non andavano dal barbiere e approfittavano di queste occasioni per tagliarsi i capelli reciprocamente. Le signore filavano la lana, facevano maglioni, ricamavano o semplicemente rammendavano gli indumenti rovinati dal lavoro.
ESTATE Durante la stagione estiva le famiglie collaboravano e si aiutavano reciprocamente ad esempio tagliare e raccogliere il fieno, tagliare la legna, mietere e battere i cereali. Dopo il raccolto (segale, orzo, grano) tagliato a mano con il falcetto, si circondava l’aia con i covi, una parte si stendeva per terra con le spighe girate verso il centro poi si battevano con la “batta”, uno strumento in legno composto da due elementi. I battitori erano sempre quattro e si muovevano alternandosi due per volta. I semi raccolti si spulavano con la “vassora” (contenitore in legno) e si portavano al mulino dove venivano macinati e trasformati in farina. In quegli anni c’era la possibilità per chi aveva i requisiti di andare a lavorare alla cosiddetta Fanfani (piano per l’occupazione degli operai) e successivamente alla Forestale (piano per il miglioramento e l’efficienza del settore forestale), lavori che permettevano una retribuzione dignitosa pur rimanendo al proprio paese. Anche qualche abitante di Casa Mordini ha partecipato a queste iniziative. Io ero molto coinvolta nelle varie attività estive: aiutavo la mamma a coltivare l’orto e le patate, raccoglievo l’erba per i conigli, legna da ardere, aiutavo i vicini a “splucare” (staccare le foglie dai rami) per gli animali perché alcune famiglie avevano le mucche, oppure a raccogliere e trasportare il fieno frettolosamente quando stava per piovere improvvisamente. Con la mamma raccoglievo fragole, mirtilli, lamponi che si utilizzavano per preparare marmellate e sciroppi, oppure si portavano al Lago Santo da Marchetti che li acquistava per i suoi clienti. Andavamo spesso a funghi; i più belli li portavamo alla Fatalcina dove c’era il mercato, gli altri si seccavano e si utilizzavano in inverno spesso come contorno di una buona polenta. In autunno, alcune persone di Casa Mordini raggiungevano a piedi la Toscana e ritornavano con enormi sacchi di castagne e farina di castagne che avrebbero consumato durante il lungo inverno, trasformandola in gustosi alimenti: frittelle, menni, necci, gnocchi e polenta di farina dolce. All’epoca si raccoglievano persino le “patterlenghe” (bacche della rosa canina.) Si abbassavano i rami spinosi con un uncino di legno per poterle raccogliere poi si portavano a Giulio a Tagliole che le comprava a 10 lire al chilogrammo. Il ricavato di queste piccole somme potevo utilizzarli secondo i miei desideri che allora erano molto modesti. Durante l’estate, la popolazione di Casa Mordini era più numerosa perché ritornavano alle loro case d’origine quelle persone che avevano le greggi in pianura o che per motivi di lavoro non potevano vivere stabilmente in questo luogo. Tra questi c’erano anche dei bambini, avevo così modo di giocare, conoscerli, frequentarli e diventare poi amici: ancora oggi, quando li incontro, ho la sensazione che non sia passato così tanto tempo.
FESTIVITÀ Le festività religiose allora erano molto sentite; a Natale, tempo permettendo, si andava sempre alla Messa di mezzanotte poi, durante il giorno, tutti i bambini recitavano le poesie in chiesa davanti al Presepe. Eccezionalmente si mangiavano i tortellini dopo aver messo la letterina sotto al piatto del papà che sembrava sempre sorpreso. Ci si scusava sempre di non essere stati abbastanza bravi e si prometteva di migliorare in futuro. Io e Giulio Mordini eravamo gli unici bambini ad abitare stabilmente a Casa Mordini, eravamo coetanei e amici inseparabili. Non conoscevamo ancora Babbo Natale ma i nostri genitori facevano sempre l’albero di Natale di ginepro o di abete con tante caramelle, cioccolatini, mandarini e candeline di cera che, quando si accendevano, diffondevano un profumo speciale. Anche Capodanno era una festa esclusivamente religiosa. La mattina si andava a Messa e si stava molto attenti a chi si incontrava per primo. Se si incontrava un uomo l’anno sarebbe stato fortunato, se si incontrava una donna o un sacerdote ………! Penso comunque che nessuno ci abbia mai creduto veramente. Per la festa dell’Epifania io e Giulio eravamo molto impegnati a trovare un “cavaggno” (cesto) il più grande possibile da “mettere“ alla Befana che aspettavamo con un po’ di preoccupazione e col timore di non essere stati abbastanza bravi. Un pochino ci rassicurava il fatto che le sere precedenti durante” i vegghi” la Befana, passeggiando sui tetti, ci aveva gettato qualche caramella dal camino. La mattina del 6 gennaio ci alzavamo prestissimo a controllare reciprocamente i doni ricevuti. Erano sempre biscotti fatti in casa, frutta secca, maglie fatte a mano e talvolta persino giochi! Terminata questa impresa, andavamo insieme nelle case di Marianna, Gilda, Adele (mia zia) e, anche da loro, la “Vecchia” lasciava sempre piccoli doni per noi bambini. A Carnevale, i giovani di Tagliole si travestivano e venivano anche da noi dove erano sempre ricevuti con tutti gli onori. Mia mamma preparava le frittelle e, quando arrivavano, accompagnati dal suono della fisarmonica, si faceva spazio perché potessero ballare. Scherzavano, gettavano coriandoli e coinvolgevano anche i componenti della famiglia, possibilmente senza farsi riconoscere. Il mese di maggio era molto sentito dal punto di vista religioso. Nell’oratorio dedicato alla Madonna di Montenero, tutte le sere Augusto recitava il Rosario in latino dopo aver chiamato tutti al suono della campana. Verso la fine, Marianna leggeva anche i fioretti che erano riflessioni religiose. Molte persone venivano dai casolari circostanti. Mia mamma Lina, prima di sposarsi abitava alla Fatalcina, venendo al Rosario, una sera mio padre Ettore le chiese se poteva accompagnarla a casa……. Era un modo semplice per chiedere il consenso di iniziare un percorso insieme……ebbe così inizio la storia della mia famiglia. Per la festa dell’Ascensione a Casa Mordini si celebrava sempre la S. Messa; tutte le famiglie mettevano alle finestre le coperte più belle per accogliere la processione che terminava qui dopo un lungo percorso dedicato ai riti delle Rogazioni celebrati in tutti i casolari di Tagliole. Sempre in primavera, una bella tradizione era quella di mettere sul terreno seminato una Croce di legno fatta con dei rami, legata con lana preferibilmente rossa, un rametto di ulivo e una minuscola candela: era un atto di fede e di speranza per un abbondante raccolto.
CONCLUSIONE Ho raccontato alcuni episodi dei miei primi anni a Casa Mordini e devo riconoscere che sono stati fondamentali per la mia formazione; ho ricevuto valori che mi hanno accompagnato e mi accompagnano anche ora. Alcuni di essi: 1) senso del dovere, quello che era necessario fare si faceva senza se e senza ma; 2) il valore del tempo: era severamente proibito trascorrerlo inutilmente; 3) solidarietà e rispetto tra i vicini che nemmeno le piccole discussioni mettevano a rischio; 4) profondo sentimento religioso con la convinzione che la Provvidenza sarebbe venuta in aiuto in tutte le fasi della vita. Ora che sono “diversamente giovane”, quando ritorno a Casa Mordini, ricordo tutti con nostalgia, con immensa gratitudine perché ognuno di loro mi ha lasciato esempi da imitare e con la consapevolezza che erano tutte “BRAVE PERSONE”.
Il progetto, in collaborazione con l'ente PARCHI DELL'EMILIA CENTRALE si estende sul territorio attraverso tabelle tematiche dislocate nei casolari o lungo i sentieri che collegano le varie borgate
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