Il nome del casolare sembra aver origine da un Matteo che, per primo, abitò il casolare. La borgata è costituita da agglomerati di case, divise sue tre livelli, che si affacciano su aree comuni: in basso, le “Pioppe dei Serafini”, antico gioco delle bocce; in alto, “l’aia dei Grilli” e dietro, il trebbo e l’aia di Biagio. Il numero di case, molte delle quali vuote per la maggior parte dell’anno, è vestigia della grande crescita demografica degli anni ’30-’40 in cui in questa sola borgata erano presenti un centinaio di persone, inclusa la Sibilla una donna che si diceva fosse in grado di prevedere il futuro. Agli inizi del ‘900, era presente anche un negozio di generi alimentari, successivamente trasformato in osteria, ricordata dai nostri vecchi come l’Osteria della signora Giulia. Un’usanza tipica delle abitazioni della vallata era quella di rivestire con pannelli di lamiera i muri esposti allo Scirocco che, carico di salsedine, provocava lo sgretolamento dell’intonaco; quest’abitudine, eliminata nel tempo per un fattore estetico, è stata fino a qualche tempo fa presente sopra il muro della casa dei Mucci soprannominati Grilli, Grillon e Grilletti e di quella sottostante dei Serafini, detti Pliĉĉia. Sulla facciata veniva spesso fissata una formella indicante le iniziali del nome del proprietario e la data di costruzione o di ristrutturazione dell’edificio, come si può ancora vedere nelle case che si affacciano sull’aia dei Grilli. Le mappe del casolare riportano anche la pianta del vecchio oratorio, ora sostituito da una maestà con la statua della Madonna e di un forno nelle Pioppe, oramai crollato. L’abitato oltre che dalla strada principale, si raggiunge anche attraverso due sentieri, uno che passa attraverso il vecchio podere della parrocchia situato sulla “Piana” e l’altro che porta al campanile e alla chiesa, chiamato la “Borella”. Un altro sentiero, ora parzialmente percorribile, partiva dall’aia di Biagio e arrivava a Casa Catella, al Borone, a Casa Cassetai e infine a La Cà.
Un tempo, di sera, era consuetudine ritrovarsi in casa per chiacchierare, leggere o giocare alle carte. Ci si trovava nell’abitazione dell’una o dell’altra famiglia con un sistema organizzativo meno complesso rispetto a quello attuale. C’era sicuramente anche meno ansia per l’accoglienza dovuta agli ospiti: bastava qualche mela cotta o qualche caldarrosta o del castagnaccio per allietare la serata: poche pretese, se non il piacere di stare assieme e condividere il poco. Le persone potevano far visita alle famiglie del proprio casolare o a quelle delle altre borgate; in quest’ultimo caso, gli spostamenti a piedi erano facilitati dai sentieri che partivano da ogni casolare e, snodandosi fra i campi (oramai quasi tutti boschi), raggiungevano gli altri nuclei abitativi, con un risparmio di tempo rispetto al percorso sulla strada principale. Nelle tabelle dei due casolari (Matteo e Mucci) c’è una sezione finale ad opera che riguarda proprio i sentieri che li collegavano alle altre borgate; alcuni di essi, purtroppo, sono scomparsi definitivamente e questo deve far riflettere sull’importanza di tutelare quelli ancora fruibili.
Il progetto, in collaborazione con l'ente PARCHI DELL'EMILIA CENTRALE si estende sul territorio attraverso tabelle tematiche dislocate nei casolari o lungo i sentieri che collegano le varie borgate
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